Continua la nostra serie di articoli dedicati alle esperienze personali dei nostri atleti con il racconto di Patrizio Anselmi, uno degli arcieri più affezionati che ha iniziato a praticare ed amare questo sport molti anni prima del suo ingresso ufficiale negli Arcieri del Mare. In questo bellissimo racconto Patrizio trasmette contemporaneamente cosa è il tiro con l’arco e lo spirito che accomuna chi lo pratica. Pensiamo che chiunque faccia parte di una compagnia di tiro con l’arco si rispecchi in quello che ci sta per raccontare.
Il mio amore per l’arco nacque a 10 anni, quando mio padre mi comprò un arco longbow di Howard Hill (che scoprii solo anni dopo essere una leggenda nel mondo arcieristico) da circa 20 libbre, dopo aver appreso qualche nozione base su internet per il primo acquisto. Meno male, altrimenti mi avrebbe preso un arco destro. Facemmo invece la prova dell’occhio dominante, che infatti nel mio caso è il sinistro. Lo usai ogni giorno, contro un paglione sotto casa, fino a sverniciare le frecce in alluminio. Usavo pure un arco ornamentale di legno che stava appeso in casa, finché un giorno si troncò un flettente. D’altronde non era fatto per tirare.
Notando la passione, mio padre decise di portarmi in una scuola di tiro con l’arco, per fortuna esistente sull’isola, gli Arcieri del Mare (tra l’ altro una delle più vecchie in Italia associate FIARC con il codice 09ELBA). Uno degli arcieri più esperti, Patrizio Bolano, dopo qualche correzione sulla postura, mi fece fare un tiro di prova con un arco ricurvo, ovviamente subito su un bersaglio mobile. Con grande stupore lo colpii. Poi su un cinghiale. Colpito. Mi disse che avevo talento, consigliandomi di entrare nel gruppo. Purtroppo a causa della lontananza del mio paese di residenza, e l’impossibilità da parte dei miei per lavoro di accompagnarmi, non ci fu nessuna iscrizione.
Il tempo passò, crescendo gli interessi diventarono altri, quindi lasciai l’arco in magazzino per tanto, troppo tempo. Qualche freccia ogni tanto nella vigna di casa a bersagli di cartone e un paglione. Ma il vero ingresso nel mondo arcieristico lo feci finalmente 4 anni fa, quando vidi un post su Facebook riguardante un corso di tiro con l’arco presso la stessa compagnia di quando provai a tirare da piccolo, gli Arcieri del Mare.
Con la mente piena di bei ricordi, e una macchina tutta mia, decisi di andare. Mai fatta cosa più sensata e divertente, mi si aprì un mondo. Convinto di tirare bene, mi accorsi invece, via via che finivano le lezioni, dei molti errori che commettevo, grazie all’istruttore Davide Priori. La postura, il gesto, i muscoli coinvolti nell’esecuzione, la respirazione, lo sgancio, la presa alla corda e tante altre cose. Fantastico.
Pure la parte teorica, seguita con grande interesse, mi fece conoscere un mondo del tutto ignorato finora, perché per tirare bene non basta far pratica con un arco e delle frecce. Eh no. C’è tanto da apprendere, dal tipo di arco alla scelta delle frecce, dalla sicurezza alle regole di gara fino alla parte mentale. Poi ci sono tanti termini mai sentiti prima, che risulta però importante conoscere. Riser, tips, flettenti, brace, rest, spine, pollici e libbre, tiller, pivot point ecc ecc.
Ho potuto provare ogni tipo di arco, dal ricurvo al nudo, dallo storico al compound. Ma la cosa più bella è stata quando portarono me e gli altri compagni di corso a tirare nel bosco, nel campo di allenamento della compagnia. Spettacolare, poter tirare all’aria aperta in mezzo alla natura a quelle sagome di animali 3d, le risate e la gioia per ogni freccia a bersaglio, ha amplificato a dismisura la passione per questo sport. A casa non parlo di altro, tanto da convincere i miei genitori ad iscriversi (e infatti, Alexandra, la madre di Patrizio, ha raccontato la sua esperienza proprio qui sul nostro blog! ndr).
Diventerà pure per loro, e lo è tutt’ora, motivo di aspettare con impazienza ogni domenica, per tornare a tirare con quelle persone che in breve tempo diventano grandi amici, e mi fanno sentire come in famiglia. Ogni volta imparo cose nuove, grazie all’esperienza che si accumula, dagli errori, ma soprattutto dai consigli di istruttori e arcieri più “navigati” che sono sempre disponibili, come ad esempio i veterani e tra i fondatori della compagnia Stefano Giacomelli e Daniela Brambilla, ma anche Giuliana Costa e Leonardo Battistelli.
Indimenticabili le giornate passate al campo a tirare e a mangiare (grazie Antonella Mazzei magica cuoca). Dopo il corso decido che l’arco più interessante per me è il ricurvo istintivo, quindi ne compro uno su internet, ma non mi ci trovo bene (classico errore da principiante, meglio affidarsi ad un rivenditore che ve lo faccia provare), quindi dopo una prova in negozio ne compro un altro, stavolta della giusta lunghezza, 64 pollici. Finalmente mi trovo bene, arrivano le prime gare regionali, super emozionato, ma sempre con il sorriso, grazie anche ai compagni pazzi che rendono i viaggi mai noiosi. Via via che passano le gare, cresce l’esperienza, scelgo sempre meglio l’attrezzatura, arriva un altro arco di fascia più alta, migliora la scelta delle frecce, l’approccio alle gare a livello mentale, e le posizioni in classifica migliorano.
La gara ed esperienza più bella arriva con gli indoor nazionali FIARC a Milano. Partiamo in tantissimi, carichi e vogliosi di farci valere, ma la tensione è alta, mai visti così tanti arcieri insieme! Alla fine riesco ad arrivare in qualche modo agli shoot-off, la finalissima dove si sfidano i primi sei in classifica di categoria. Il cuore batte all’impazzata, tutto il pubblico ti guarda, i compagni fanno il tifo… troppo difficile controllare le emozioni, tremo, tiro male e finisco sesto. Poco importa, il bagaglio di esperienze che mi porto dietro vale molto più di una medaglia.
Ci riprovo ad un altro campionato indoor, veramente la più bella esperienza di tutte, questa volta ad Arezzo. Pure qua partiamo numerosi, finendo in una casa enorme in affitto nei pressi di Arezzo. Quante ne ha viste quella casa! Ogni momento è una festa, risate fino a scoppiare, una energia come se ci conoscessimo da una vita. Più che alla gara di per sé, l’abbiamo presa come una gita, tra passeggiate per i colli, in città e pure un bagno alle terme. Riguardo la gara, beh, la maledizione del sesto posto mi colpisce pure qua. Ma va bene così, lo rifarei altre mille volte, tutt’ora ricordiamo quei momenti tra grasse risate.
Pochi mesi dopo mi iscrivo ai bowhunter, altro importante campionato, ma stavolta nei boschi di Finale Ligure. Bellissimi campi, tutto ben organizzato, tiri difficili e tantissima gente. La gara prosegue normale, ma alla fine arriva un risultato inaspettato, o quasi. Indovinate un po’? Sesto. Strana la vita…
Continuerò a seguire la via della freccia, sperando un giorno di riuscire a scrollarmi di dosso questo numero e arrivare finalmente al tanto agognato podio. Mentre aspettiamo la fine di questa epidemia, continuerò ad allenarmi a casa, aspettando di poter tornare tutti insieme a tirare frecce alle prossime gare.
Ringraziamo di cuore Patrizio per questo racconto, dal quale traspare tutta la costanza e la passione che mette in questo sport!
1 commento
Alexandra · 27 Novembre 2020 alle 10:14
Vedendo le foto allegate a questo emozionante e commovente articolo mi sono accorta di quanto grande è la passione sua. E di quanto sono fiera e orgogliosa del mio ragazzo.
Mi manca il nostro gruppo, le risate e le nostre garette, dove ognuno viene festeggiato alla fine come un campione. Tutto andrà bene…il mio mantra.